Siamo noi a crollare, non il sistema (Riflessioni di un anarchico sul periodo covid19)

A distanza di quattro mesi, sento il bisogno di rivedere leggermente il mio articolo “L’anarchia nel periodo del coronavirus” (così come la lettera ai giovani pubblicata su Il Caudino). Avevo scritto frasi del tipo “proprio ora vi viene in mente di ribellarvi?”, considerando che anche io credevo all’emergenza pandemia. Anche io avevo creduto che il lockdown, almeno per un mese, potesse essere utile. Ero arrivato addirittura a pensare – e con me tanti altri anarchici – che tutto sommato, lo Stato, per quanto malvagio, in certi casi potesse davvero fare gli interessi del popolo. Ci ho creduto per una settimana. Poi ho cominciato a pensare. La paura prodotta dal terrorismo mediatico ci aveva fatto dimenticare che “di buone intenzioni è lastricata la strada per l’inferno”. Sedicenti anarchici sono arrivati a giustificare la violenza degli sbirri e ad augurarne di più a chi non si atteneva alle direttive, “perché la gente è troppo stupida e irresponsabile”. Taluni hanno perso fiducia nell’anarchia, “perché il coronavirus ha dimostrato che la gente non si sa autogestire”. Abbiamo dimenticato in un lampo tutti i discorsi contro il paternalismo, sull’autodeterminazione. E questo perché? Perché il potere questa volta ha giocato sulla nostra paura di morire, utilizzando i suoi mezzi di propaganda e di manipolazione. Avevo scritto nel mio articolo “non conta se è tutto vero o solo una farsa, rispettiamo le regole per non far vincere lo stato di polizia”. Credevo ingenuamente che, infrangendo le regole, il governo avrebbe messo più restrizioni e invece lo stato di polizia vinse proprio perché abbiamo obbedito.

Ora è giunto il momento di riflettere per bene su ciò che è successo. A coloro che, ancora una volta, vorranno utilizzare l’esperienza covid19 per dimostrare l’irresponsabilità dei cittadini e quindi la necessità della gerarchia, rispondo così: voi sostenete che l’anarchia funzionerebbe solo se la gente avesse buon senso e fosse responsabile, quindi siete convinti che tutto ciò che ci viene imposto dal potere equivalga a buon senso e responsabilità. E perché? Solo per il fatto stesso che ci viene imposto? Forse che chi comanda ha la verità assoluta in tasca? Quando lo capirete che chi si arroga il diritto di fare leggi per tutti è solo arrogante e non certo un luminare? Per l’anarchia ci vuole il buon senso, dite. E per governare invece?
Chi ha buon senso non comanda e non si fa sottomettere, chi ha buon senso combatte le ingiustizie e difende gli oppressi e la Natura: tutto il contrario di ciò che fa il sistema.
Chi ha buon senso non governa.

Voi invece date per scontato che il sistema sia composto da persone illuminate, da una sorta di divinità e non da persone comuni come noi che, però, hanno la presunzione di stabilire leggi che secondo loro possano valere per tutti.

Quando non si rispettano le leggi scritte e quelle che vengono considerate “regole del buon senso”, lo schiavo del sistema vorrebbe con ciò dimostrare che l’autogestione (l’anarchia) è impossibile. A questi chiedo: ci avete mai pensato che se non tutti rispettano le leggi/regole, è perché sono sbagliate e non possono valere per tutti?
Del resto, la giustizia universale non esiste: per me la giustizia potrebbe essere quando nessuno impone le sue regole e le sue idee agli altri, ma evidentemente vi sono persone che non la pensano così, altrimenti non proverebbero a imporci le loro idee, avendo una visione diversa della giustizia.
Dovremmo soltanto vederne gli effetti: che effetti provoca l’imposizione delle proprie idee su tutti gli individui?
Effetti negativi. E di certo non è inasprendo le leggi che si risolveranno le cose (gli incendi non si spengono aumentando le dosi di benzina che ci versiamo sopra) ma lasciando a ogni individuo la propria responsabilità, perché ognuno di noi possiede l’istinto naturale che gli fa capire, senza bisogno di autorità, che cosa è meglio per se stessi.

Nel caso del covid19, dovremmo ricordarci che la scienza non è un pensiero unico e che essa si basa su varie teorie e vari pensieri di scienziati che la pensano diversamente e contrastano tra loro. Quando un gruppo di persone – che siano scienziati, religiosi, politici o qualsiasi altra categoria – pretende di conoscere la verità assoluta e di imporla a tutti (e con misure autoritarie) zittendo chi la pensa diversamente, siamo in pericolo e dobbiamo difenderci. Mentre gli altri, dunque, vorrebbero utilizzare l’esempio del covid19 per dimostrare la necessità del sistema, io sono ancora più convinto che l’unica soluzione sia l’anarchia.

Già Mikhail A. Bakunin in “Dio e lo Stato” scriveva:

“Per ogni scienza speciale mi rivolgo a chi ne ha pratica. Ma non mi lascio imporre né il calzolaio né l’architetto né il sapiente: io li accetto liberamente e con tutto il rispetto che meritano le loro intelligenze, il loro carattere, il loro sapere, riservandomi sempre il mio diritto incontestabile di critica e di controllo. Non mi accontento di consultare una sola autorità specialistica, ma ne consulto parecchie; confronto le loro opinioni e scelgo quella che mi pare la più giusta. Ma non riconosco alcuna autorità infallibile, neppure nelle questioni speciali; di conseguenza, per quanto rispetto possa io avere verso l’umanità e la sincerità del tale o tal’altro individuo, non ho fede assoluta in alcuno. Una tale fede sarebbe fatale alla mia ragione, alla mia libertà, ed all’esito stesso del mio operare; essa mi trasformerebbe immediatamente in uno schiavo stupido, in uno strumento della volontà e degli interessi altrui.
Se mi inchino davanti all’autorità degli specialisti, e mi dichiaro pronto a seguirne, dentro un certo limite e durante tutto il tempo che mi pare necessario, le indicazioni e anche la direzione, è perché questa autorità non mi è imposta da alcuno, né dagli uomini né da Dio.
Altrimenti la respingerei con orrore, e manderei al diavolo i loro consigli, la loro direzione, i loro servizi, avendo la certezza che essi mi farebbero pagare, con la perdita della mia libertà e della mia dignità, le briciole di verità, avviluppate di molte menzogne, ch’essi potrebbero darmi”.

Io non so se, come dice Enrico Manicardi (il cui sito vi invito a visitare per leggere le sue riflessioni https://www.enricomanicardi.it/), siano state “prove tecniche di soggezione” o sia semplicemente una questione di mentalità autoritaria, e cioè che certe persone credano davvero di conoscere la verità e che vada necessariamente imposta a chi non obbedisce.

Certo è che c’è stata repressione, ma saranno state prove tecniche di soggezione o semplicemente mentalità autoritaria e incompetenza?

In molti, io compreso – pur restando con molti dubbi – abbiamo sostenuto che si sia trattato di prove tecniche di soggezione e/o di dittatura e molti di noi, per questo, sono stati tacciati di “complottismo” (ormai chiunque dubiti del pensiero unico dominante viene messo nello stesso calderone dei complottisti).
Io però non escludo l’ipotesi che sia semplicemente una questione di mentalità autoritaria: se all’arroganza si aggiunge l’incompetenza, siamo messi ancora peggio.
La mentalità che impera nel nostro mondo è che, come dicevamo, ci sarebbero taluni elementi che credono di avere in mano la verità assoluta da dover imporre a tutti gli altri che questi ritengono dei deficienti, dei bambini irresponsabili (brutto modo di dire: dovremmo imparare molto dai bambini) da trattare come tali. E ahimè, molti di questi ultimi si comportano davvero come se avessero bisogno di un paparino che gli dica persino quando andare al cesso (perché è così che ci è stato insegnato a fare) o che ci dica quando soffiarci il naso come ne I Malavoglia di Giovanni Verga.
Noi sappiamo che le nostre idee non possiamo imporle a tutti (possiamo casomai proporle) perché ogni individuo è diverso e non tutti abbiamo gli stessi bisogni. Se vengono fatte delle leggi (anche se in buona fede) e non tutti le rispettano, vuol dire che quelle leggi/regole sono sbagliate o che, per qualche motivo che bisognerebbe approfondire, non possono essere rispettate da tutti.
Il Sistema però non funziona in questo modo, non gli interessa di andare a indagare le radici dei problemi. Gli interessa soltanto dire “noi abbiamo capito, voi no, noi siamo il potere, voi no e dunque noi diamo gli ordini, voi obbedite e se non obbedite, sarete puniti”.
Al Sistema non interessa – forse neanche ci arriva a certa mentalità – che le persone muoiano per l’inquinamento, per errori medici, per i tagli alla sanità. Forse per il Sistema è più comodo, non dico “far credere”, ma semplicemente CREDERE che la colpa sia di un virus innocuo o comunque non così pericoloso com’è stato descritto.
Ciò che è stato fatto in Italia dal governo, forse, è paragonabile a una nonna rimbecillita che crede di proteggere i nipoti chiudendoli dentro per paura del freddo per il quale potrebbero prendere l’influenza, quando in realtà potrebbe semplicemente coprirli di più, farli mangiare meglio e abituarli alla temperatura dell’ambiente e insegnar loro uno stile di vita più sano.
Bisognerebbe quindi esaminare tutte le misure stupide e insensate che ha preso il governo (e non solo) in questo periodo:

1) La mascherina all’inizio non era obbligatoria ed era addirittura sconsigliata. Anche in tv veniva specificato che serviva soltanto agli ammalati e ai medici. Quando la gente ha cominciato a indossarla e a guardar male chi non la indossava, è diventata obbligatoria. Stessa cosa per i guanti (che adesso invece cominciano addirittura a essere proibiti).

2) Chiudere tutto…o quasi, perché altrimenti si ferma l’economia e il sistema crolla. Si poteva uscire soltanto per “beni di prima necessità” (e che cosa ne sa uno sbirro, un politico, un medico delle prime necessità di ognuno di noi? Per me la necessità era la passeggiata, ma non era considerata tale).

3) Proibire di uscire e/o fare “assembramenti” (controllate sul dizionario il vero significato di questa parola e rabbrividite), tranne se dovete andare a fare la spesa, andare alle poste o a lavorare. Forse in quei luoghi il virus penserà che, essendo sono necessità consentite dal governo, non potrà attaccare nessuno. Quanto è comprensivo questo virus! Sensatissimo: io non posso uscire da solo a fare una passeggiata (magari con il mio cane) o a correre da solo ma posso fare “assembramento”(avete controllato il vero significato del termine?) nei suddetti luoghi.

4) Censurare e/o denunciare medici e scienziati dal pensiero diverso da quello unico dominante anziché invitarli a un confronto. Il Patto degli Inquisitori della Scienza ha deciso “noi siamo la verità (anche se ci siamo contraddetti fin dall’inizio) e tutti gli altri devono stare zitti”.

Io penso – pur rimanendo con i miei dubbi – che questi non abbiano “voluto far credere” che la maggior parte delle persone siano morte PER il coronavirus e non semplicemente CON il coronavirus, ma che lo credano davvero e che probabilmente non conoscano nemmeno la differenza. Così come non abbiano “voluto far credere” l’assurdità che gli asintomatici possano trasmettere malattie, ma che lo credano davvero.
E forse chissà, anche la questione dei vaccini: non si sono inventati la pandemia per vendere i vaccini, ma credono davvero che ci sia stata una pandemia e che la soluzione sia nei vaccini.
Stessa cosa riguardo le mascherine: non vogliono far credere che siano necessarie, forse credono davvero che siano necessarie e che dunque vadano imposte.
Chiaramente, nella mentalità di questo mondo c’è anche sempre l’economia (che a differenza di come dicono in molti, non si è mai fermata: al massimo crolliamo noi, non il sistema) e se ne sono approfittati i venditori di mascherine, di Amuchina, di guanti e ora vogliono approfittarsi anche i “venditori di vaccini”.
Questa rimane solo UNA delle mie tante riflessioni (io, a differenza loro, SO di non avere la verità assoluta in mano) perché – magari sarò ingenuo e mi sbaglio – non riesco a vedere intelligenza e lungimiranza nel potere. Ma una cosa è certa: la repressione c’è stata e non può essere giustificata per alcun motivo.
E tutto questo lo permettiamo noi, ipnotizzati e manipolati dai mass media e dalla mentalità secondo la quale chi ha autorità ha necessariamente autorevolezza. Come appunto ci ricorda Bakunin poi, neanche chi ha autorevolezza deve imporci in alcun modo le sue idee.

Io so solo, e lo ribadisco, che il problema è sempre il potere: senza di esso, non ci sarebbero né complottisti né complotti ; senza il potere sapremmo da soli quando c’è davvero un problema, non tramite la televisione e i media di regime, ma grazie all’autogestione e all’autodeterminazione, grazie al nostro intuito, grazie a ciò che vediamo con i nostri occhi, e grazie alle nostre capacità naturali. Io so soltanto che quest’esperienza ci ha distrutti psicologicamente e rintontiti (vedo ancora gente con la mascherina e i guanti all’aperto, anche da sola, benché non siano più obbligatori). So soltanto che siamo stati messi ancora di più gli uni contro gli altri e vediamo, ancora più di prima, il nostro prossimo come un nemico. Come al solito, è sempre più facile aggredire chi osa mettere in discussione le misure del governo e l’informazione di regime piuttosto che sforzarsi di pensare con la propria testa e ribellarsi contro il potere. Molto più semplice metterci nello stesso calderone dei complottisti, dei bufalari e dei terrapiattisti, anziché cercare di informarsi da varie fonti e cercare di capire cosa sta succedendo davvero, anziché chiedersi se “i terrapiattisti” non siate voi (ai tempi di Galilelo Galilei, era la maggioranza a credere la Terra fosse piatta).

Ancora molti, anche tra compagni anarchici, mi dicono “al sistema non converrebbe fingere una pandemia mettendo a rischio l’economia, quindi se stesso”. Credo che bisognerebbe riflettere bene sul perché questa è una sciocchezza. La produzione non si è mai fermata del tutto, anzi. Il rischio di fallire era per operai, piccoli imprenditori e vari lavoratori precari. Non di certo le grandi aziende, non di certo le industrie (vi rammento che si poteva uscire solo per fare la spesa o andare alle poste, in banca oppure si poteva ordinare tutto da internet). E anche se fosse, il sistema trova sempre il modo per sopravvivere e riorganizzarsi, grazie a noi che ci lasciamo comandare e ci sorbiamo le loro bugie. Dare la colpa al virus delle tante morti che ci sono state sembra anzi proprio una bella scusa per non mettere in discussione il sistema stesso: se si fosse parlato di tagli alla sanità, del nostro stile di vita, a cominciare da quello alimentare, se si fossero messe in discussione le opere inutili che danneggiano l’ambiente e provocano malattie mortali, allora sì che si sarebbe dato un bel colpo al capitalismo, all’economia e in generale al sistema. Siamo noi a crollare, non il sistema. Il sistema non crolla da sé.

Intanto si costituiscono movimenti alternativi che, se dovessero andare al governo, ci imporrebbero una nuova dittatura di colore diverso. Lo abbiamo ribadito più volte con De André : “non ci sono poteri buoni” né crediamo alla farsa marxista-leninista, rivelatasi sempre fallimentare. L’unica soluzione sarebbe la totale eliminazione dell’intero sistema. Purtroppo, però, come diceva il giovane anarchico Bruno Filippi, siamo circondati da “cani che leccano la mano di chi li batte”, mentre noi dovremmo essere come quelle tigri che, stanche della violenza della domesticazione, si ribellarono al loro domatore. E dovremmo, insieme, impedire che in seguito ci abbattano.

Dovremmo capire che contro i padroni bisogna ribellarsi, capire che sono nostri nemici, non nostri protettori, non dei bravi papà che si prendono cura di noi.

In Italia e in vari luoghi del mondo esistono delle piccole realtà completamente autogestite, alcuni gruppi si stanno muovendo per praticare auto-sostentamento fino alla totale abolizione del vile denaro. C’è solo un problema: per quanto siano ottimi esperimenti per dimostrare che l’anarchia non è un’utopia, alcuni di questi terreni sono stati acquistati. In questo modo, si arricchirà sempre il potere: ecco perché bisognerebbe espropriare, occupare terreni e strutture inutilizzate, per creare realtà autogestite cercando, per quanto possibile, di ritornare a vivere in armonia con la Natura e (quindi) con noi stessi, eliminando la delega, la gerarchia, il familismo, per praticare invece il mutuo appoggio. Ma soprattutto per cercare di fare sempre più passi avanti verso la libertà.

In caso contrario, potrete tenervi questo mondo sbagliato da lasciare ai vostri eredi, questo mondo che sta portando tutti alla rovina e che non volete cambiare, questo mondo che sta distruggendo voi e i vostri figli.

Di certo non ci metteremo più a discutere con chi teme che, con l’anarchia e la soppressione dei soldi e dell’economia, potrebbe non avere più la connessione a internet.
A parte il fatto che tutto può essere collettivizzato, tutto può essere auto-prodotto, tutto può essere risolto con il mutuo appoggio anziché con la delega dei soldi (i soldi ci dividono, servono a mantenere la gerarchia e lo sfruttamento, ne abbiamo già parlato qui), l’arte ad esempio può essere praticata per puro piacere, ma poi che cosa importa? La libertà è ciò di cui abbiamo bisogno, non certo internet. Oggi ne siamo schiavi e proviamo anche a utilizzarlo per diffondere il nostro pensiero, ma mettiamo caso che la gente si svegliasse davvero e anziché chiedersi chi delegare alle prossime elezioni, facesse una vera rivoluzione per sopprimere definitivamente il sistema: di cosa avremmo bisogno innanzitutto? Di cibo, acqua, vestiti, rifugi-case-ripari o della connessione a internet?
Io vi ripeto la frase di Enzo Martucci “La libertà è per l’uomo mille volte più necessaria di tutti i treni, le macchine, gli aeroplani e le radio. Un individuo libero nel mezzo di un bosco dove vive da selvaggio si sente soddisfatto e contento come non è il miserabile gregario imprigionato nella civiltà e costretto a fare sempre quello che vogliono gli altri e mai ciò che lui vuole”. Ma l’anarchia non è necessariamente un mondo selvaggio (anche se è quello che più mi auspicherei, sentendomi molto vicino alle idee primitiviste) e dunque invece di dire certe fesserie, leggete i libri di Kropotkin, Malatesta, Proudhon, Ivan Illich, Colin Ward, Murray Bookchin, Bakunin, Stirner, Zerzan, il già citato Manicardi ecc.
Non avete tempo? Nemmeno io ho tempo da perdere con quel tipo di persona che ha paura che con l’anarchia e l’eliminazione dei soldi non avrebbe più i suoi bei vizi e le sue (false e illusorie) comodità.

Come sapete, questo blog era nato con l’intenzione di far conoscere l’anarchia in Valle Caudina e con la speranza di creare un movimento anarchico nel mio territorio. Il secondo intento è miseramente fallito e perciò questo è l’ultimo articolo che pubblicherò, ma sono lieto di aver fatto qualcosa per portare a termine il primo intento: spero che i miei scritti potranno essere utili a qualche abitante della Valle Caudina che sia incuriosito dall’anarchia, in modo tale che si smetta di utilizzare questo termine come sinonimo di caos.

Certo, se si facesse una vera e propria rivoluzione, sarebbe inevitabile un bel po’ di “caos”, ma poi, eliminato il potere, sentiremmo l’esigenza di ristabilire, non l’ordine (perché l’ossessione per l’ordine è causa di autoritarismo e del caos che ne consegue), ma l’armonia, e questa volta senza delegare le istituzioni, ma grazie al mutuo appoggio.

Perciò, sarebbe ora che, non più la parola “anarchia”, ma la parola “gerarchia” diventasse finalmente sinonimo di caos: se non lo vedete, provate ad aprire meglio gli occhi.

Concludo, dunque, con la frase più significativa che cerca di smentire questo luogo comune:

Da quando si pensò che un governo era necessario e che senza governo ci sarebbe stato solo disordine e confusione, fu naturale e logico che l’anarchia, che vuol dire assenza di governo, significasse assenza di ordine”.

(Errico Malatesta)

Su questo link, alcuni libri che cominciare a comprendere l’anarchia.

Leggi anche “Manifesto del Movimento Anarchico Caudino”

Il problema del carcere e della sicurezza nel pensiero anarchico

Talvolta rabbrividisco, quando persino alcuni che si dicono anarchici (“anarchici” ancora confusi, forse) sostengono che “in certi casi il carcere è necessario”, ragionando allo stesso modo semplicistico degli statalisti che parlano di rieducazione o addirittura di pena di morte.

Rieducare a che cosa? Alla legge dello Stato? Essa è per l’appunto la legge del più forte. Paradossalmente, è la stessa legge del Sistema ad educare alla criminalità, essendo il Sistema nato sulla forza, sulla violenza e sul terrore politico. Chi non diventa “criminale” o non infrange le leggi dello Stato o non si ribella, diventa un bravo schiavo che sta comunque male nella prigione del Sistema, nella cosiddetta società civile, spesso costretto a utilizzare vari palliativi, (discorso che abbiamo già affrontato negli articoli “la droga non si combatte con la repressione” e “manifesto del movimento anarchico caudino”). Quando l’individuo muore a causa della droga o per suicidio, il popolo versa poi lacrime di coccodrillo, i giornalisti scrivono articoli pieni di retorica, gli intellettuali e le scuole fanno convegni in cui parlano di suicidi, di giovani, di droga e invitano a contattare sbirri e psicologi.

Alcuni sostengono che in galera dovrebbero andarci mafiosi e politici. Ma se questi finissero in galera – strumento dello Stato – significherebbe che, anche senza volerlo, si è costituito un nuovo gruppo di potere. Immaginiamo una rivoluzione anarchica: se, dopo (o durante) l’immaginaria rivoluzione, mettessimo in galera politici e mafiosi, saremmo noi i nuovi politici e i nuovi sbirri: saremmo di nuovo punto e a capo, come è già accaduto in ogni rivoluzione marxista-leninista.

Per trattare la questione del carcere, dato che a livello di rivoluzione siamo a zero, bisogna esaminare due punti di vista: il carcere in una possibile società anarchica e il carcere nella nostra società attuale e democratica.

In una società anarchica, chi “ruba”- giacché avremmo tutti il necessario per sopravvivere-, sarebbe da considerare un nuovo avido capitalista, un nuovo oppressore da combattere e da cui difendersi, proprio come dovremmo fare oggi nella società democratica per combattere il potere.

Errico Malatesta, ai suoi tempi, era convinto che se in una società anarchica ci fossero stati ugualmente criminali, assassini, stupratori, questi sarebbero necessariamente da considerare dei malati.

“[…]in colui che commette atti antisociali, non vedremmo già lo schiavo ribelle, come avviene al giudice di oggi, ma il fratello ammalato e necessitoso di cura” scriveva nel suo libro “L’anarchia il nostro programma”. All’apparenza, nessuna risposta più libertaria di questa. Tuttavia, oggi sappiamo che tale affermazione significherebbe dar ragione alla psichiatria e che in quel caso, la medicalizzazione forzata sarebbe delegata alla società, non più alle autorità. Ma sarebbe pur sempre una barbarie basata su una teoria lombrosiana. Ci siamo già occupati di questa questione nell’articolo precedente riguardo la psichiatria.

Quella risposta di Malatesta fu contestata da alcune personalità come l’anarchico individualista Enzo Martucci che riporta in un suo scritto questa riflessione: “voler curare, per forza, questi individui; volerli guarire ad onta della loro volontà, sarebbe come pretendere da un tubercolotico che si astenga dal fumo e dall’alcool per allungare la sua vita. “Ma a me non importa di morire prima – risponderà l’ammalato – purché possa ora soddisfarmi a modo mio. È meglio vivere ancora un solo anno, godendo, e non dieci soffrendo e rinunziando a tutto”. Vorrete costringere a salvarsi quelli che vorranno perdersi? Ma allora non saranno più essi padroni della loro esistenza. Non potranno disporne come meglio crederanno, e sentiranno come un male il bene che intenderete fare. Se la Clara di Mirbeau o i personaggi di Sade cercano di seviziarvi, sparate su loro. Ma lasciateli in pace e abbandonate l’idea di indurli al pentimento, in nome di Dio e della morale, o di curarli e guarirli, per la gloria della scienza e dell’umanità. Ed inoltre, è poi vero che tutti coloro che consumano un delitto sono malati, pazzi degni del manicomio e della doccia? Se la domanda la rivolgete alla scienza di Lombroso, questa vi risponde affermativamente. Vi definisce il crimine come un ritorno atavico. ” – scrive Martucci nel suo libro “La bandiera dell’Anticristo” (dal capitolo “Né galere né poliziotti).

Affermazioni come “sparate piuttosto su di loro, ma non curateli” fanno anch’essere rabbrividire di certo. Ma è paradossale che facciano rabbrividire coloro che credono sia meglio e meno violento rinchiudere una persona in una prigione e/o in un ospedale. Si dovrebbe innanzitutto riflettere sulla differenza tra l’individuo che assassina un oppressore e il potere che assassina l’individuo o un suo avversario politico: in poche parole non è uguale alla pena di morte.

Fatto sta che, come abbiamo già detto, con un trattamento sanitario obbligatorio si rischia comunque la morte o, peggio ancora, di fare ammalare davvero l’individuo.

Non a caso, oggi, gli stessi movimenti anarchici che si riconoscono nel programma di Errico Malatesta, hanno fondato dei collettivi antipsichiatrici e sanno che un criminale non è un malato da curare.

Su una cosa concordano ormai tutti, individualisti, collettivisti e stirneriani: dall’oppressore bisogna sempre difendersi, bisogna sempre essere pronti, magari cercando di metterlo in fuga e di non ammazzarlo, se questo non sta attentando alla nostra vita. La mentalità e l’educazione statalista, democratica e soprattutto cristiana può farci apparire la legittima difesa come una soluzione da leghisti. Non è così. Anche perché i leghisti e i fascisti legittimano la difesa della proprietà privata, che noi vogliamo abolire.

Mi fanno sorridere quelle persone che, scoperto che esistono delle comunità anarchiche, mi chiedono come fanno a difendersi se lì non c’è la polizia. Sarebbe molto più sensato invece chiedersi, come fanno a difendersi DALLA polizia.

“E se arriva un sociopatico che all’improvviso spara addosso alla gente”?

Ancora una volta si attribuiscono erroneamente la criminalità e la pericolosità alla cosiddetta fantomatica malattia mentale. Ci ritorna in mente il già citato esempio di Giorgio Antonucci riguardo la vicenda di Gaetano Bresci e Bava Beccaris: chi era il “sociopatico” o “malato di mente”? Gaetano Bresci che uccise il re oppressore? O Bava Beccaris che sparò sulla folla? Nessuno dei due. Ognuno di loro aveva le sue motivazioni per farlo: ricercare le motivazioni, non vuol dire giustificarle o condividerle, significa tentare di capirle.

Non esiste una persona che spara addosso alla gente senza motivo. Può essere ovviamente un motivo futile, può essere un motivo ovviamente non condivisibile, ma il motivo c’è. Sempre.

Ma se anche esistessero i cosiddetti sociopatici che sparano addosso alla gente: che cosa c’entra la polizia? Potrebbe forse impedire un massacro? Qualcuno potrebbe rispondermi che “vista la presenza della polizia, l’individuo ci penserebbe due volte prima di fare un massacro”, senza rendersi conto che in questo modo cade per l’appunto la teoria del soggetto che non sarebbe in grado di intendere e di volere.

Gli statalisti, affermano sempre che “senza la polizia sarebbe peggio”, perché non hanno ben compreso che occorrerebbe andare alle radici dei problemi per estirparle, non “curare i sintomi”, non nascondere i problemi in un carcere, non reprimere e punire anche chi si trova costretto a delinquere oppure influenzato dallo stesso sistema capitalista che ci educa ad avere di più e a prendercelo con la forza oppure al contrario a essere remissivi e pagarne comunque tutte le conseguenze che paghiamo noi tutti: anarchici e statalisti. Il carcere, si può dire, è una delle “soluzioni” comode ai problemi che provoca il Sistema stesso, insieme alla nostra cultura, la nostra educazione, dal moralismo sessuofobo che reprime i nostri istinti e provoca perversioni e trasforma il sesso – ciò che è un istinto naturale – in atti violenti, così come la stessa cultura del dominio (dice bene, in entrambi i casi, lo slogan femminista “lo stupratore non è malato ma figlio del sano patriarcato”). Si preferisce arrestare spacciatori e venditori di contrabbando, anziché cercare di capire perché c’è chi sceglie questo mestiere per sopravvivere e perché c’è gente che fa uso di droghe (abbiamo già detto che la droga non si combatte con la repressione, ma con la libertà e che un altro paradosso del sistema è combattere le droghe illegali e obbligare ad assumere quelle legali).  Noi anarchici lo diciamo sempre: non ci sono criminali da punire, ma le cause dei crimini eliminare. Ovviamente questo non conviene al Sistema, altrimenti dovrebbe autodistruggersi.

Immaginando invece, di nuovo un possibile mondo anarchico, oppure semplicemente una comune libertaria, dobbiamo comunque pensare eventualmente a come difenderci, non tanto gli uni dagli altri come temono gli statalisti, ma dai nuovi possibili oppressori.

Qui ed ora invece, di certo non basta eliminare il carcere. Bisogna, invece, cominciare a costruire una società completamente libera (non solo dal sistema, ma anche dai preconcetti, dal familismo, dal bigottismo, dal moralismo), dove tutti sono soddisfatti e si riduce al minimo la possibilità e l’incentivo di commettere atti criminali. Per fare questo, però, a mio avviso, bisognerebbe cominciare a liberarsi dall’educazione alla legalità a cui ci indottrinano fin dalla scuola, da quella religiosa a cui ci indottrinano fin dalla tenera età in famiglia. Bisogna dunque creare tante piccole o grandi comunità libere, basate sul mutuo appoggio e sulla libertà, senza la famiglia nucleare, senza i vincoli matrimoniali, con scuole libertarie e/o educazione parentale, anziché scuole statali o private. Continuare, come già si sta facendo da anni, a creare spazi di libertà, radio indipendenti e canali di controinformazione (oggi anche con l’aiuto della rete); terreni autogestiti con orto sinergico gestito insieme agli amici, fare autoproduzione il più possibile per boicottare il capitalismo e lo Stato e prepararci sempre a difenderci dalla sua violenza. Sappiamo infatti che lo Stato è sempre più violento e malvagio, perciò, per ogni passo avanti che faremo, esso proverà (e spesso riuscirà) a ostacolarci, ma noi dovremo resistere.

Come scrive ancora Colin Ward “L’istituzione più violenta della nostra società è lo stato, che reagisce con la violenza ai tentativi di sottrargli il potere. (Come diceva Malatesta, tu cerchi di fare le tue cose, quelli intervengono, e poi tu sei quello a cui vengono rimproverati gli scontri che ne derivano). Questo significa che quei tentativi sono sbagliati? Bisogna distinguere tra la violenza dell’oppressore e la resistenza degli oppressi” ( da Anarchia come organizzazione)

Noi anarchici, sia ora, sia nel mondo che potremmo costruire, dovremo sempre difenderci dall’oppressore, che sia un banale delinquentuccio, che sia lo Stato, che sia la Mafia, non fa alcuna differenza. Gli anarchici dovranno sempre combattere, individualmente e collettivamente, ogni forma di dominio con ogni mezzo, senza disdegnare nemmeno il metodo dei cosiddetti pacifisti e hippy, se pensano che possa essere efficace il metodo di lotta pacifico. Del resto, lo stesso Malatesta, che pacifista non era affatto, scriveva “Non saremo buoni da noi a mettere a dovere chi non rispetta gli altri? Soltanto, non li strazieremo, come si fa adesso dei rei e degli innocenti; ma li metteremo in posizione di non poter nuocere, e faremo di tutto per riportarli sulla dritta via” (dal libro “Fra contadini. Dialogo sull’anarchia”).

Come scrive, però, Colin Ward , senza allontanarsi tanto dall’affermazione di Malatesta“Naturalmente in ogni società, anche in quella meglio organizzata, ci saranno individui passionali, le cui azioni, qualche volta, potranno essere contrarie all’interesse comune. Ma al fine di prevenire anche queste possibilità, l’unica soluzione è quella di garantire sbocchi positivi al carattere passionale di costoro” (Anarchia come organizzazione).

Anche se il potere non sarà mai completamente distrutto, bisogna in tutti i modi cercare di inceppare i suoi ingranaggi e cercare di distruggere la maggior parte, per quanto possibile, delle cause dei crimini, fino a che non ci sarà più bisogno del carcere.

L’anarchia nel periodo del coronavirus (e la cosiddetta irresponsabilità dei cittadini).

Non si perde occasione per parlare dell’irresponsabilità dei cittadini (o meglio dell’individuo) e giustificare l’esistenza del potere, la necessità delle leggi imposte dalle autorità. Persino sedicenti anarchici, hanno perso la loro “fede” (odio definire l’anarchia una fede, ma passatemi la metafora), confermando che “l’anarchia non è possibile perché la gente è irresponsabile”. Ci si dimentica una cosa fondamentale, cioè che è il contrario: la gente è diventata irresponsabile proprio perché non c’è l’anarchia (ovvero l’autogestione), perché ormai sono millenni che si è stati abituati alla delega, alla gerarchia, a essere trattati dalle autorità come degli eterni bambini, a sentirci dire cosa fare in modo paternalistico. Di conseguenza, se davvero il popolo si comporta come “un bambino capriccioso e irresponsabile” è perché disobbedire alle autorità è nella natura umana (oltre al fatto che talvolta è necessario e legato a bisogni personali e individuali che non conosciamo), anche in chi non si dice anarchico, anzi, correggo, forse ancora di più in chi non si dice anarchico e giustifica il potere. Molto spesso, sono proprio coloro che difendono il potere a gridare “al complotto”, a essere scettici su ciò che il potere ci sta dicendo attraverso i suoi strumenti di comunicazione che possono spesso essere utilizzati come mezzi di controllo e manipolazione. Così, si creano panico e caos, quello stesso caos che si teme esisterebbe con l’anarchia e dunque sia anarchici che statalisti diventano autoritari oppure totalmente irresponsabili. Dall’anarchico che, per giocare a fare il ribelle (proprio ora vi viene in mente di ribellarvi?) se ne frega di tutto e si comporta da irresponsabile all’anarchico che, lamentandosi dell’irresponsabilità dei cittadini, comincia a giustificare la violenza poliziesca e la delazione.

Sia agli anarchici che agli statalisti “complottisti” dico: capisco che, siccome ci riempiono di menzogne, si sospetti di un complotto, di tecniche di manipolazioni, ma in questo modo staremmo facendo il gioco del potere, sia nel caso che sia tutto un complotto, sia nel caso sia tutto vero.

Agli statalisti, diciamo proprio questo: sentirsi dire cosa fare e poi prendersela con chi ce lo dice, è comodo, ed è proprio questo che noi anarchici non vogliamo. Senza il potere, non ci sarebbe complotto né sospetti di complotto e dunque più responsabilità.

Chissà che, senza il sistema, senza la distruzione della Natura, senza il capitalismo, senza la scienza in mano ai pochi privilegiati, forse virus ed epidemie, non sarebbero mai nati e se anche fossero nati, praticando il mutuo appoggio, l’autogestione e non la delega alle autorità, la responsabilità sarebbe stata inevitabile e necessaria, naturale, spontanea.

Ancora una volta, se ci riflettiamo, è il sistema, sempre il sistema a creare i problemi e poi a cercare di rimediare ai danni che ha fatto.

Agli statalisti, diciamo inoltre che è proprio in questo momento che dovremmo renderci conto che sarebbe essenziale l’anarchia: ci dicono di non uscire, ma intanto, a causa del ricatto economico, dobbiamo uscire (guarda caso) per andare al lavoro, alle poste, in banca, a fare la spesa. Dipendendo dal ricatto economico, il sistema ci impedisce di essere autosufficienti.

Proprio ora bisognerebbe capire che l’unica strada è l’autogestione.

L’anarchico Caudino

Riflessione sulla denuncia per diffamazione

Qualche anno fa ricevetti una notifica dai carabinieri che mi comunicarono di essere indagato per diffamazione tramite mezzo stampa. Non si sa ancora da parte di chi fosse la denuncia né perché. So solo che in un periodo ci furono molti scrittori denunciati per diffamazione da parte di case editrici e associazioni imbroglione che chiedevano soldi. Ovviamente la legge non aiuta, poiché le ingiustizie legalizzate non si possono combattere con la legge. Così si confondono giustizia e legalità. E così bisognerebbe invece cominciare a capire la differenza tra le due cose. Gli ingiusti che hanno il potere si possono difendere con la legge. Ma chi si difende in questo modo è un vigliacco che non sa affrontare le cose da solo, guardandoti negli occhi o magari rispondendoti per le rime. Qualcuno scrive qualcosa che non ti piace? Scrivi anche tu articolo per contestarlo, non importa se non sei un giornalista o non sei uno scrittore: tutti devono avere la libertà di esprimersi. Oppure parlagli di persona, se puoi, con un atteggiamento pacifico e discutici. Come diceva il filosofo Max Stirner, “si è molto deboli, se si deve chiedere aiuto all’autorità”. Del resto, può capitare persino che delle categorie che vengono criticate, – benché non si facciano né nomi di individui né nomi di associazioni – denuncino l’individuo che le critica. E allora se io dico – come penso – che la denuncia per diffamazione è da vigliacchi, che cosa succederà? Tutti coloro che hanno fatto almeno una denuncia per diffamazione, si sentiranno chiamati in causa e mi denunceranno per diffamazione?

Oltre ad essere un grave impedimento alla libertà di espressione, è un modo per continuare a colmare le distanze, delegando i problemi tra individui alle istituzioni. Banalmente, si potrebbe dire che chi denuncia per diffamazione è un bambino piagnucolone che, non essendo cresciuto e non sapendo cavarsela da solo, si rivolge a mamma e papà per farsi difendere.

La festa della legalità, dell’ingiustizia e del lavaggio del cervello

Legalità e giustizia

La scuola, le istituzioni, la televisione ci insegnano quanto sia importante la legalità, confondendola con la giustizia. Ma cos’è davvero la legalità? Cosa significa davvero questa parola?

Legalità è multare un povero cristo che vende panini, crepes, gelati senza pagare le tasse perché non può permetterselo, dovendo mantenere se stesso e la propria famiglia.

Legalità è quando i poliziotti manganellano gli operai sfruttati che scioperano. Legalità è imprigionare gli immigrati nei centri di rimpatrio e arrestare chi vuole liberarli.

Legalità è arrestare i guerriglieri dello YPG ritenendoli socialmente pericolosi, nonostante abbiano combattuto valorosamente contro l’ISIS.

Legalità è denunciare, arrestare, multare chi non ha potere e alza la voce contro le ingiustizie.

La legalità non protegge né i cittadini né gli individui, ma le istituzioni, il Potere. Se a scuola ti educano alla legalità e non ti spiegano la differenza tra essa e la giustizia, allora ti stanno mentendo. Allora aveva ragione il pedagogista Ivan Illich “La scuola è l’agenzia pubblicitaria che ti fa credere di avere bisogno della società così com’è”. Legalità è negare il reddito di cittadinanza a chi in passato ha commesso errori e vorrebbe rimediare. Legalità un tempo era la pena di morte. Legalità era possedere schiavi. Legalità erano le leggi razziali.  Era giustizia questa? Eppure era legalità. Chi ha fatto in modo che tutto questo cambiasse? Chi obbediva o chi disobbediva? Chi ha rispettato la legge o chi l’ha combattuta? Legalità e ribellione sono inconciliabili. Per ottenere la giustizia, occorre disobbedienza, non legalità. Altrimenti le cose non cambieranno mai, la libertà non ci sarà mai, e noi non conosceremo nemmeno il concetto di essa. Forse ci fanno credere di essere liberi, ma è solo lavaggio del cervello.

Noi non vogliamo la legalità. Noi vogliamo la giustizia!

La legge non ha mai reso gli uomini neppure poco più giusti; ed anzi, a causa del rispetto della legge, perfino gli onesti sono quotidianamente trasformati in agenti d’ingiustizia.

 (Henry David Thoreau)

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