La Valle Caudina in burqa e camicia nera

Il quattro maggio era un lunedì. Generalmente – lockdown o no – tutti hanno da fare più che negli altri giorni: il cibo è finito e bisogna fare la spesa. Ora che è iniziata la cosiddetta fase 2, dobbiamo iniziare a cercare di recuperare tante cose che abbiamo lasciato in sospeso. Non solo le noiose, stressanti faccende burocratiche e commissioni, ma anche le passeggiate, una chiacchierata con gli altri (a distanza o con quegli inutili e dannosi guanti e mascherine), le corsette, assorbire finalmente il sole. E lunedì era anche una bellissima giornata. Era commovente ritornare a passeggiare e vedere altri umani oltre alle nostre famiglie e all’infuori di ambienti come supermercati e uffici postali.

Tante persone con le mascherine e con i guanti (nonostante, lo ripetiamo, siano inutili e dannosi). Poche persone non li indossavano e rispettavano comunque le distanze. Noi siamo convinti che non succederebbe nulla anche se non mantenessimo le distanze: non crediamo al mito della pericolosità nei positivi asintomatici. Crediamo piuttosto alla pericolosità del sistema e della società che ci obbliga a fare cose senza senso distruggendo la nostra salute psicologica e fisica. Ma ammettiamo che la distanza di sicurezza, i guanti e le mascherine siano misure necessarie, e ammettiamo che ci siano minoranze che non le rispettano: sarebbero state comunque un’eccezione, qui in Valle Caudina.

Il sottoscritto in questi mesi, pur mettendo in discussione le regole imposte, le ha rispettate forse più degli altri (come fa da una vita, del resto: odia le leggi imposte e le critica, ma le rispetta – per quanto possibile – per non avere noie), ma non è abituato alla reclusione, bensì alle lunghe passeggiate tra il paese e tra la natura. Dopo che ci hanno proibito per due mesi questo bene di prima necessità (che il governo e soprattutto il governatore della regione Campania, arrogantemente e stupidamente non ritenevano tali), quando ce lo hanno permesso, il sottoscritto era commosso e più sereno. Anche polizia e carabinieri sembrano ormai stanchi di tanta austerità. Ma noi sappiamo, ormai, che non sono tanto loro il problema, bensì i cittadini che si credono onesti. Ma ancora di più, i giornalisti.

E infatti, appena tornato a casa, ho trovato un articolo su un noto giornale locale che, a mio avviso (come posso sbagliarmi io, così si sono potuti sbagliare loro) riporta una gran falsità e che alimenta paura e odio.

“Troppa gente in giro e giovani senza guanti e mascherine” titolava l’articolo.

Da notare, tra l’altro, come non si perda mai occasione per accusare sempre i giovani, quando in realtà il marcio della società sono quei vecchi che hanno contribuito a costruirla ed accettarla così com’è anziché cambiarla, anziché renderla più libera e in armonia con la natura.

La Valle Caudina è, purtroppo, il riflesso della banalità dell’Italia e del mondo. Niente di più, niente di meno. Oggi fanno convegni sull’antifascismo, sull’antirazzismo e su quanto siano stati bravi i nostri antenati a combattere contro le ingiustizie, ma intanto quelle di oggi le accettano e le rispettano.

Non ho potuto fare a meno di commentare:

Non è assolutamente vero. Quasi tutti portavano la mascherina e chi non la portava è perché non doveva avere a che fare con nessuno e rispettava le distanze di sicurezza. Articoli come questo ci faranno rinchiudere di nuovo e privare nuovamente di quel poco di libertà che abbiamo. Siamo stanchi di queste misure dittatoriali inutili e dannose  (e molte anche anticostituzionali) che ci stanno ammazzando, ci stanno facendo del male in modo peggiore rispetto a quello che avrebbe potuto fare un virus. Se vi informaste meglio, sapreste che i guanti non servono assolutamente a niente. Tra i medici e gli scienziati inoltre ci sono teorie che variano e secondo alcuni sarebbero inutili (e forse anche dannose) pure le mascherine. A causa di gente come voi che chiede restrizioni, controlli e punizioni più severe in questi mesi si sono giustificate le peggiori misure repressive. Elicotteri e droni per un poveraccio che andava DA SOLO sulla spiaggia, tso per i dissidenti come nel peggior regime totalitario. Censure denunce a giornalisti e scienziati che esprimevano opinioni diverse. E voi chiedete più controlli e restrizioni? Voi siete allergici alla libertà. Noi siamo allergici alla prigionia, quindi possiamo trovare un accordo: se non volete vedere gente in giro, stateci voi a casa. E per i deficienti che risponderanno “eh, poi se ti ammali vuoi farti curare eh? Eh?” Io avrei tutto il diritto di essere curato, considerando che, a differenza di ciò che credete, nemmeno la sanità pubblica è gratuita: si pagano le tasse. E avrei anche il diritto di NON essere curato. E invece di prendervela con i giovani che fanno ciò che è nella natura umana, prendetevela con quelle merde che difendete, che hanno fatto- tra l’altro – tagli alla sanità e hanno speso soldi per militari, droni, elicotteri, pattuglie di carabinieri e polizia ad arrestare un ragazzino che chiacchierava con gli amici. Prendetevela con chi – stile neolingua di Orwell – ha attribuito il termine “assembramento” a una semplice chiacchierata tra amici. Prendetevela con chi ha causato tutto questo giocando con la natura. No, eh? Molto più comodo prendersela con i ragazzini che escono. Il volto di persone che non vedevo da tempo  e il loro sorriso ci avevano rasserenato il cuore e dato un barlume di speranza. Poi arrivo qui e leggo questo articolo. Fate una cosa. Stateci voi dentro. Che noi ci siamo stancati. Aspetto insulti dei ben/nonpensanti.”

Qualcuno mi ha risposto che siccome è stato reso obbligatorio, non dobbiamo nemmeno metterlo in discussione, dobbiamo obbedire e basta: la banalità del male sta appunto nell’obbedire e basta. “Io ho solo eseguito gli ordini” : si sono sempre giustificati così, dopo tanti anni, i servi di ogni regime: ed è quello il problema! Per questi benpensanti-nonpensanti qualsiasi cosa sia obbligatoria è automaticamente giusta, qualsiasi cosa dicano i giornali e la televisione è vera. Non dubitare, non pensare. Solo credere e obbedire.

E intanto noi tutti ne paghiamo le conseguenze.

Se il governo obbligasse tutti a tagliarsi un braccio, le masse lo riterrebbero giusto, fino a che un giorno non si arrivasse a dire che “sarebbe un caos, se tutti avessimo due braccia!”

Gente come noi, però, penserebbe prima di tutto al dolore che ci provocherebbe tale azione e a come si potrebbe vivere senza un braccio (c’è gente che ci riesce NONOSTANTE non abbia un braccio, non grazie al fatto che non ce l’ha). E se anche non ci pensasse subito, una volta che hai cominciato a tagliarti il braccio e cominciassi ad avvertire il dolore, cosa faresti? Continueresti a tagliartelo?

Probabilmente le persone che hanno scritto quell’articolo e chi gli ha dato ragione, sì, continuerebbero a farlo perché ci è stato imposto.

E se arrivasse l’ISIS a imporre le sue regole, certi giornali e certi cittadini li accetterebbero (magari proprio quelli che oggi sono xenofobi e islamofobi) e chiederebbero anche in quel contesto più controlli e più severità, anziché appoggiare chi vuole cambiare il mondo in meglio e conquistare la libertà. Il burqa già lo abbiamo. E non solo le donne.


La camicia nera purtroppo è dentro di voi (non posso certo dire “in noi”) e sembra non essersene mai andata.

Del resto, cosa c’è da sorprendersi, considerando che in uno dei comuni caudini, ossia a Cervinara (che anche durante il Ventennio dava molto consenso al regime fascista), troneggia fieramente nella villa comunale, una statua denominata “La madre degli eroi” che inneggia alla guerra e la cui scritta sull’incisione recita il noto motto fascista “PER LA RELIGIONE PER LA PATRIA PER LA FAMIGLIA”?

A differenza di ciò che dicono i giornali, in Valle Caudina c’è stato e continua ad esserci un grande senso di responsabilità. I pochi che non avevano la mascherina, come dicevamo, mantenevano comunque le distanze di sicurezza.
I giornali lamentano anche l’inutilizzo dei guanti, che non sono né obbligatori né utili quando si è in giro da soli a passeggiare (quindi non al supermercato a toccare cose).
In generale, in tutta Italia c’è stato, da parte dei cittadini, un comportamento responsabile, anche troppo (fino a sfociare nelle delazioni). E come siamo stati premiati?
Con restrizioni e repressioni ancora più dure, con censure, con denunce, multe ingiustificate ed eccessive.
ADESSO BASTA! NON STAREMO PIU’ AL VOSTRO GIOCO! Non ci faremo più trattare come bambini!

La dittatura deve finire adesso.

Dobbiamo mettere fine al regime totalitario sanitario. Contestate tutto ciò che ci sembra sbagliato.

Se voi volete soltanto credere obbedire e combattere, noi vogliamo dubitare, disobbedire e lottare. Lottare contro tutte le ingiustizie del sistema.

La Valle Caudina ha bisogno di libertari e anarchici, non di bravi servi del sistema che stanno portando l’umanità alla sua distruzione.

P.S. se vi sembra che le distanze di sicurezza non siano abbastanza, be’, allargate le strade.

Emergenza aurotitar-virus

Siamo al cinque maggio, ieri ci hanno dato un’illusoria semilibertà, pronti a rinchiudere tutto se non facciamo i bravi. Ma in questo periodo siamo stati puniti proprio per aver obbedito. Facciamo un piccolo riepilogo di tutto ciò che è successo fino al 3 maggio.

AVVERTENZA: Se i video non compaiono subito, attendere qualche istante.

Questa era ancora la normalità, la polizia – seppur con modi bruschi – non faceva altro che invitare le persone ad andare a casa, anche se eri semplicemente andato a comprare il pane.

Qui, però, si è cominciato a degenerare. Carabinieri urlano addosso e perquisiscono un uomo che era andato a fare la spesa.
Dal video si percepisce che i signori dell’ordine si siano offesi perché “l’insolente” ha osato dire a queste divinità “che cazzo volete”.
Chi ha il potere dimentica di essere umano al pari di chi non ce l’ha e si sente un Dio contro il quale non puoi bestemmiare o ti punisce con le pene dell’inferno.

La polizia carica gli anarchici fuori dal carcere di San Vittore in rivolta contro misure restrittive e le condizioni dei detenuti nell’emergenza covid19.

Un uomo accerchiato da più di dieci poliziotti solo perché portava il cane a spasso. Era da solo con il suo cane. Nessun “assembramento.”

Corridore inseguito con drone ed elicottero soltanto perché andava a correre, da solo (quindi senza creare “assembramenti”), sulla spiaggia.

Stefano Montanari, scienziato censurato e denunciato per aver detto cose contrarie alla maggioranza.
Cose molto più sensate, tra l’altro.

Di seguito il video completo in cui spiega perché il governo e la società hanno sbagliato tutto (molte cose erano persino ovvie, ma il Patto degli Inquisitori della Scienza le denunciano come “pericolose”).

Gli anarchici a Torino protestano contro le restrizioni e la povertà che sta causando la reclusione forzata. Ma per la stampa di regime “hanno difeso dei rapinatori che erano stati arrestati”. Alcune versioni che avvalorano questa ipotesi non sarebbero certo un buon motivo per assolvere le forze dell’ordine che, secondo alcune fonti, avrebbero comunque compiuto un fermo molto violento. Gli anarchici, del resto, vanno alla radice dei problemi e sanno che arrestare un rapinatore non è una soluzione ai problemi della nostra società, anzi è troppo comodo per mantenere lo status quo. Della questione furto, ne ho parlato qui. Ma non divaghiamo e concentriamoci sulla dittatura sanitaria nell’era del covid19.

Dopodiché ci furono arresti e violenza da parte della polizia

Due donne, madre e figlia, ricevono una multa da mille euro per presunto sarcasmo. Avete letto bene. Per presunto sarcasmo.

Un uomo colpito due volte con il taser per essere entrato alle poste senza guanti e mascherina.


Infine, un uomo protesta dal megafono contro le restrizioni invitando alla ribellione e, come in un buon regime totalitario, viene sedato.

La colpa è anche di chi etichetta chiunque la pensi diversamente come “matto totale” (rileggete questo articolo sulla psichiatria).

A prescindere se ritenete giuste o sbagliate le sue opinioni, una cosa del genere è da regime totalitario e realtà distopica.

E sono soltanto alcuni degli esempi di repressione, tra i tanti video che ci sono in giro su internet, tra gente compiaciuta, indispettita, o indifferente e intimorita, come sempre. Ne sono successe tante, in questo periodo. Avete ancora dubbi che sia dittatura?

Intanto le persone si “drogavano” con il cibo spazzatura, elogiate anche dai media di regime, mentre impastavano pane, pizze e altri cibi per nulla salutari. L’utilizzo di alcolici, droghe-psicofarmaci e dolciumi è aumentato a causa della reclusione e della conseguente insoddisfazione. Tutto ciò che fa male alla nostra salute ci è stato permesso e consigliato. Tutto ciò che ci fa bene, come camminare, correre, prendere aria e sole, ci è stato vietato.

Ci sono stati suicidi e trattamenti sanitari obbligatori, disagi psichici e conflitti familiari. La violenza, (domestica e non), è aumentata. Per non parlare dei litigi tra vicini di casa.

La privazione della libertà non è mai la soluzione, ma l’aumento dei problemi.

Distrutti, messi agli arresti domiciliari senza motivo. E ancora più puniti per aver obbedito alle regole.

C’è un solo virus pericoloso, una sola pandemia peggiore di tutte: quella dell’autoritarismo.

Ed è ora di liberarcene.

Fermiamo il TRAFORO nel Partenio!

Come dicevamo, non è la Natura a essere “matrigna”, ma il modo in cui viene trattata dal sistema capitalista.

La natura è più importante del profitto. La natura non è un capitale, non è una risorsa da sfruttare, non è un prodotto né un investimento economico.

La concezione della Natura come “risorsa” da sfruttare, come “capitale”, è propria della nostra cultura moderna, a causa della quale si continua a giustificare la sua distruzione con la retorica dello Sviluppo, del Progresso e l’ipocrita ideologia del lavoro.

Non si mette in conto che ogni volta che si tratta la Natura come una risorsa da sfruttare, la si distrugge e la si mette in pericolo. L’ultima “trovata geniale” di cui si sta discutendo molto in questo periodo è il progetto Traforo nel Partenio. Una delle maggiori giustificazioni è appunto che questo creerebbe posti di lavoro. Ancora una volta, quindi, ad arricchirsi sono le imprese sulle spalle degli operai e sulle tasse dei cittadini. Un’altra giustificazione è che i treni già esistenti non funzionerebbero abbastanza e che non siano efficienti: non vediamo l’ora di avere nuovi treni non funzionanti.

Inoltre quando si danneggia la Natura, si danneggia noi stessi e si mettono in pericolo le nostre vite. Dovremmo essere contrari a prescindere per un semplice rispetto della Natura, ma la visione antropocentrica della nostra cultura fa sì che ciò non sia abbastanza, che questa motivazione possa essere addirittura motivo di derisione. Cercheremo di spiegare, quindi, perché non c’è nulla da ridere e che non si tratta di “fissazioni di fanatici ambientalisti” o semplice moralismo.

Le devastazioni ambientali, a breve o a lungo termine, portano sempre a conseguenze catastrofiche. In questo caso specifico, bisognerebbe riflettere proprio in virtù di quello che è successo il 21 e il 22 dicembre tra San Martino V.C. e Cervinara, che non sono nuovi a questi fenomeni alluvionali, soprattutto per caratteristiche orografiche e disposizioni alle correnti umide che apportano precipitazioni: bucare quella montagna significherebbe intaccare le falde acquifere dei monti d’Avella, ed esporre un territorio già di per sé labilissimo a situazioni molto gravi, ovvero distruggere una montagna che potrebbe venire giù da un momento all’altro.

Si sbaglia, quindi, chi sostiene che non c’entrino le frane per il fatto che il traforo verrebbe realizzato “sotto la montagna”: si smuoverebbe, infatti, dalla base verso l’alto, peggio ancora.  Si tratta di uno dei massicci più piovosi dell’intero Appennino centromeridionale. Il Partenio, soprattutto per quanto riguarda il lato caudino, è una montagna piena d’acqua, con un carsismo spiccato, con bacini endoreici notevoli e, soprattutto, in quella zona si trova la falda acquifera dei monti d’Avella: si andrebbero ad intaccare risorse idriche. Alcuni cittadini creduloni (pochi, per fortuna) si sono bevuti la storiella dello sviluppo e del “risollevamento dell’economia”. Può anche darsi, ma per chi? E soprattutto quando? Dopo anni e anni di spreco di denaro? E vale la pena – per un po’ di turismo che privilegerà i già privilegiati e, forse, darà qualche briciola di pane ai cittadini- di distruggere la Natura? Si noti bene, dunque, che non c’è alcuna linea di confine tra noi e la Natura: come abbiamo già detto, ogni volta che si mette in pericolo l’ambiente, mettiamo a rischio noi stessi, dagli eventuali materiali tossici che vengono utilizzati per questi lavori alle catastrofi di ogni tipo. Non si tratta, quindi, di una semplice “fissazione” di ambientalisti fanatici.

Vediamo che c’è chi propone di realizzare il traforo in qualche altra posizione, ma noi non siamo d’accordo nemmeno su questo. Nessun traforo nelle nostre montagne, da nessuna parte, né ora né mai. La devastazione della natura è devastazione in ogni punto. Ecco perché sono contrario alla realizzazione del traforo nel Partenio. Senza retorica, senza ipocrisia.

La verità è che le “grandi opere” inutili servono soltanto al profitto del capitale. Vale davvero la pena, quindi, devastare l’ambiente mettendolo a rischio e mettendo a rischio noi stessi con le ovvie conseguenze sulla nostra salute e sulla nostra vita? Proteggiamo l’ambiente, impediamo la devastazione ambientale! Non esistono benefici quando si distrugge l’ambiente.

L’anarchico caudino invita i cittadini alla mobilitazione per fermare questo scempio.

Nessun compromesso!

Fermiamo il traforo!

Il problema del carcere e della sicurezza nel pensiero anarchico

Talvolta rabbrividisco, quando persino alcuni che si dicono anarchici (“anarchici” ancora confusi, forse) sostengono che “in certi casi il carcere è necessario”, ragionando allo stesso modo semplicistico degli statalisti che parlano di rieducazione o addirittura di pena di morte.

Rieducare a che cosa? Alla legge dello Stato? Essa è per l’appunto la legge del più forte. Paradossalmente, è la stessa legge del Sistema ad educare alla criminalità, essendo il Sistema nato sulla forza, sulla violenza e sul terrore politico. Chi non diventa “criminale” o non infrange le leggi dello Stato o non si ribella, diventa un bravo schiavo che sta comunque male nella prigione del Sistema, nella cosiddetta società civile, spesso costretto a utilizzare vari palliativi, (discorso che abbiamo già affrontato negli articoli “la droga non si combatte con la repressione” e “manifesto del movimento anarchico caudino”). Quando l’individuo muore a causa della droga o per suicidio, il popolo versa poi lacrime di coccodrillo, i giornalisti scrivono articoli pieni di retorica, gli intellettuali e le scuole fanno convegni in cui parlano di suicidi, di giovani, di droga e invitano a contattare sbirri e psicologi.

Alcuni sostengono che in galera dovrebbero andarci mafiosi e politici. Ma se questi finissero in galera – strumento dello Stato – significherebbe che, anche senza volerlo, si è costituito un nuovo gruppo di potere. Immaginiamo una rivoluzione anarchica: se, dopo (o durante) l’immaginaria rivoluzione, mettessimo in galera politici e mafiosi, saremmo noi i nuovi politici e i nuovi sbirri: saremmo di nuovo punto e a capo, come è già accaduto in ogni rivoluzione marxista-leninista.

Per trattare la questione del carcere, dato che a livello di rivoluzione siamo a zero, bisogna esaminare due punti di vista: il carcere in una possibile società anarchica e il carcere nella nostra società attuale e democratica.

In una società anarchica, chi “ruba”- giacché avremmo tutti il necessario per sopravvivere-, sarebbe da considerare un nuovo avido capitalista, un nuovo oppressore da combattere e da cui difendersi, proprio come dovremmo fare oggi nella società democratica per combattere il potere.

Errico Malatesta, ai suoi tempi, era convinto che se in una società anarchica ci fossero stati ugualmente criminali, assassini, stupratori, questi sarebbero necessariamente da considerare dei malati.

“[…]in colui che commette atti antisociali, non vedremmo già lo schiavo ribelle, come avviene al giudice di oggi, ma il fratello ammalato e necessitoso di cura” scriveva nel suo libro “L’anarchia il nostro programma”. All’apparenza, nessuna risposta più libertaria di questa. Tuttavia, oggi sappiamo che tale affermazione significherebbe dar ragione alla psichiatria e che in quel caso, la medicalizzazione forzata sarebbe delegata alla società, non più alle autorità. Ma sarebbe pur sempre una barbarie basata su una teoria lombrosiana. Ci siamo già occupati di questa questione nell’articolo precedente riguardo la psichiatria.

Quella risposta di Malatesta fu contestata da alcune personalità come l’anarchico individualista Enzo Martucci che riporta in un suo scritto questa riflessione: “voler curare, per forza, questi individui; volerli guarire ad onta della loro volontà, sarebbe come pretendere da un tubercolotico che si astenga dal fumo e dall’alcool per allungare la sua vita. “Ma a me non importa di morire prima – risponderà l’ammalato – purché possa ora soddisfarmi a modo mio. È meglio vivere ancora un solo anno, godendo, e non dieci soffrendo e rinunziando a tutto”. Vorrete costringere a salvarsi quelli che vorranno perdersi? Ma allora non saranno più essi padroni della loro esistenza. Non potranno disporne come meglio crederanno, e sentiranno come un male il bene che intenderete fare. Se la Clara di Mirbeau o i personaggi di Sade cercano di seviziarvi, sparate su loro. Ma lasciateli in pace e abbandonate l’idea di indurli al pentimento, in nome di Dio e della morale, o di curarli e guarirli, per la gloria della scienza e dell’umanità. Ed inoltre, è poi vero che tutti coloro che consumano un delitto sono malati, pazzi degni del manicomio e della doccia? Se la domanda la rivolgete alla scienza di Lombroso, questa vi risponde affermativamente. Vi definisce il crimine come un ritorno atavico. ” – scrive Martucci nel suo libro “La bandiera dell’Anticristo” (dal capitolo “Né galere né poliziotti).

Affermazioni come “sparate piuttosto su di loro, ma non curateli” fanno anch’essere rabbrividire di certo. Ma è paradossale che facciano rabbrividire coloro che credono sia meglio e meno violento rinchiudere una persona in una prigione e/o in un ospedale. Si dovrebbe innanzitutto riflettere sulla differenza tra l’individuo che assassina un oppressore e il potere che assassina l’individuo o un suo avversario politico: in poche parole non è uguale alla pena di morte.

Fatto sta che, come abbiamo già detto, con un trattamento sanitario obbligatorio si rischia comunque la morte o, peggio ancora, di fare ammalare davvero l’individuo.

Non a caso, oggi, gli stessi movimenti anarchici che si riconoscono nel programma di Errico Malatesta, hanno fondato dei collettivi antipsichiatrici e sanno che un criminale non è un malato da curare.

Su una cosa concordano ormai tutti, individualisti, collettivisti e stirneriani: dall’oppressore bisogna sempre difendersi, bisogna sempre essere pronti, magari cercando di metterlo in fuga e di non ammazzarlo, se questo non sta attentando alla nostra vita. La mentalità e l’educazione statalista, democratica e soprattutto cristiana può farci apparire la legittima difesa come una soluzione da leghisti. Non è così. Anche perché i leghisti e i fascisti legittimano la difesa della proprietà privata, che noi vogliamo abolire.

Mi fanno sorridere quelle persone che, scoperto che esistono delle comunità anarchiche, mi chiedono come fanno a difendersi se lì non c’è la polizia. Sarebbe molto più sensato invece chiedersi, come fanno a difendersi DALLA polizia.

“E se arriva un sociopatico che all’improvviso spara addosso alla gente”?

Ancora una volta si attribuiscono erroneamente la criminalità e la pericolosità alla cosiddetta fantomatica malattia mentale. Ci ritorna in mente il già citato esempio di Giorgio Antonucci riguardo la vicenda di Gaetano Bresci e Bava Beccaris: chi era il “sociopatico” o “malato di mente”? Gaetano Bresci che uccise il re oppressore? O Bava Beccaris che sparò sulla folla? Nessuno dei due. Ognuno di loro aveva le sue motivazioni per farlo: ricercare le motivazioni, non vuol dire giustificarle o condividerle, significa tentare di capirle.

Non esiste una persona che spara addosso alla gente senza motivo. Può essere ovviamente un motivo futile, può essere un motivo ovviamente non condivisibile, ma il motivo c’è. Sempre.

Ma se anche esistessero i cosiddetti sociopatici che sparano addosso alla gente: che cosa c’entra la polizia? Potrebbe forse impedire un massacro? Qualcuno potrebbe rispondermi che “vista la presenza della polizia, l’individuo ci penserebbe due volte prima di fare un massacro”, senza rendersi conto che in questo modo cade per l’appunto la teoria del soggetto che non sarebbe in grado di intendere e di volere.

Gli statalisti, affermano sempre che “senza la polizia sarebbe peggio”, perché non hanno ben compreso che occorrerebbe andare alle radici dei problemi per estirparle, non “curare i sintomi”, non nascondere i problemi in un carcere, non reprimere e punire anche chi si trova costretto a delinquere oppure influenzato dallo stesso sistema capitalista che ci educa ad avere di più e a prendercelo con la forza oppure al contrario a essere remissivi e pagarne comunque tutte le conseguenze che paghiamo noi tutti: anarchici e statalisti. Il carcere, si può dire, è una delle “soluzioni” comode ai problemi che provoca il Sistema stesso, insieme alla nostra cultura, la nostra educazione, dal moralismo sessuofobo che reprime i nostri istinti e provoca perversioni e trasforma il sesso – ciò che è un istinto naturale – in atti violenti, così come la stessa cultura del dominio (dice bene, in entrambi i casi, lo slogan femminista “lo stupratore non è malato ma figlio del sano patriarcato”). Si preferisce arrestare spacciatori e venditori di contrabbando, anziché cercare di capire perché c’è chi sceglie questo mestiere per sopravvivere e perché c’è gente che fa uso di droghe (abbiamo già detto che la droga non si combatte con la repressione, ma con la libertà e che un altro paradosso del sistema è combattere le droghe illegali e obbligare ad assumere quelle legali).  Noi anarchici lo diciamo sempre: non ci sono criminali da punire, ma le cause dei crimini eliminare. Ovviamente questo non conviene al Sistema, altrimenti dovrebbe autodistruggersi.

Immaginando invece, di nuovo un possibile mondo anarchico, oppure semplicemente una comune libertaria, dobbiamo comunque pensare eventualmente a come difenderci, non tanto gli uni dagli altri come temono gli statalisti, ma dai nuovi possibili oppressori.

Qui ed ora invece, di certo non basta eliminare il carcere. Bisogna, invece, cominciare a costruire una società completamente libera (non solo dal sistema, ma anche dai preconcetti, dal familismo, dal bigottismo, dal moralismo), dove tutti sono soddisfatti e si riduce al minimo la possibilità e l’incentivo di commettere atti criminali. Per fare questo, però, a mio avviso, bisognerebbe cominciare a liberarsi dall’educazione alla legalità a cui ci indottrinano fin dalla scuola, da quella religiosa a cui ci indottrinano fin dalla tenera età in famiglia. Bisogna dunque creare tante piccole o grandi comunità libere, basate sul mutuo appoggio e sulla libertà, senza la famiglia nucleare, senza i vincoli matrimoniali, con scuole libertarie e/o educazione parentale, anziché scuole statali o private. Continuare, come già si sta facendo da anni, a creare spazi di libertà, radio indipendenti e canali di controinformazione (oggi anche con l’aiuto della rete); terreni autogestiti con orto sinergico gestito insieme agli amici, fare autoproduzione il più possibile per boicottare il capitalismo e lo Stato e prepararci sempre a difenderci dalla sua violenza. Sappiamo infatti che lo Stato è sempre più violento e malvagio, perciò, per ogni passo avanti che faremo, esso proverà (e spesso riuscirà) a ostacolarci, ma noi dovremo resistere.

Come scrive ancora Colin Ward “L’istituzione più violenta della nostra società è lo stato, che reagisce con la violenza ai tentativi di sottrargli il potere. (Come diceva Malatesta, tu cerchi di fare le tue cose, quelli intervengono, e poi tu sei quello a cui vengono rimproverati gli scontri che ne derivano). Questo significa che quei tentativi sono sbagliati? Bisogna distinguere tra la violenza dell’oppressore e la resistenza degli oppressi” ( da Anarchia come organizzazione)

Noi anarchici, sia ora, sia nel mondo che potremmo costruire, dovremo sempre difenderci dall’oppressore, che sia un banale delinquentuccio, che sia lo Stato, che sia la Mafia, non fa alcuna differenza. Gli anarchici dovranno sempre combattere, individualmente e collettivamente, ogni forma di dominio con ogni mezzo, senza disdegnare nemmeno il metodo dei cosiddetti pacifisti e hippy, se pensano che possa essere efficace il metodo di lotta pacifico. Del resto, lo stesso Malatesta, che pacifista non era affatto, scriveva “Non saremo buoni da noi a mettere a dovere chi non rispetta gli altri? Soltanto, non li strazieremo, come si fa adesso dei rei e degli innocenti; ma li metteremo in posizione di non poter nuocere, e faremo di tutto per riportarli sulla dritta via” (dal libro “Fra contadini. Dialogo sull’anarchia”).

Come scrive, però, Colin Ward , senza allontanarsi tanto dall’affermazione di Malatesta“Naturalmente in ogni società, anche in quella meglio organizzata, ci saranno individui passionali, le cui azioni, qualche volta, potranno essere contrarie all’interesse comune. Ma al fine di prevenire anche queste possibilità, l’unica soluzione è quella di garantire sbocchi positivi al carattere passionale di costoro” (Anarchia come organizzazione).

Anche se il potere non sarà mai completamente distrutto, bisogna in tutti i modi cercare di inceppare i suoi ingranaggi e cercare di distruggere la maggior parte, per quanto possibile, delle cause dei crimini, fino a che non ci sarà più bisogno del carcere.

Lotta alla psichiatria e al trattamento sanitario obbligatorio

Quando non si vuole comprendere un comportamento, lo si liquida in modo semplicistico come “follia” o “malattia mentale”. Un comportamento non è mai una malattia, come dice Thomas Szasz, giusto o sbagliato che sia. La psichiatria non è una medicina né una scienza, ma una pseudoscienza che parodia la medicina, nata per stigmatizzare e controllare le persone.

La vera medicina si basa su diagnosi oggettive: esami del sangue, tac, raggi x, radiografie ecc.

Le diagnosi psichiatriche, invece, sono soggettive, non oggettive: un “medico” ti giudica osservandoti in base ai manuali che ha studiato.

Hai un carattere irascibile? Sei pazzo. Sei un criminale? Un assassino? Sei pazzo o malato. Tuo figlio è un bambino estremamente vivace? Potrebbe avere qualche disturbo. Al contrario, è introverso e timido? Potrebbe avere qualche “malattia mentale”.

La tua migliore amica ha cominciato a credere nelle cospirazioni? O è convinta che qualcuno la stia spiando e le stia dando la caccia? Non ha semplicemente un pensiero che, secondo te, è sbagliato, o strampalato e sciocco: deve essere impazzita.

Tu, però, che vivi in un Paese cattolico e credi in Dio, nella Madonna e parli con loro, sei “sana di mente”, sei solo semplicemente una cattolica. La tua cliente ha le allucinazioni? Sente voci? Allora sicuramente è schizofrenica.

Tua madre anziana, invece, racconta di aver visto la Madonna, però, è semplicemente credente.

Un tuo concittadino ha deciso di andarsene in giro con un carrello per la spesa? Non chiederti se c’è un motivo: è molto più facile liquidarlo come matto. Sì, deve essere sicuramente impazzito e non c’è nessun’altra spiegazione.  O meglio, non vale la pena di cercarla o chiederglielo.

Una ragazza viziata fa la prepotente con la madre? Non c’è alcun dubbio: è pazza.

Quella stessa ragazza, stanca della vita, che non ha potuto darle ciò che avrebbe voluto e che non va d’accordo con sua madre, decide di farla finita?

Anche in questo caso, è sicuramente pazza, malata di mente e ha bisogno di un dottore che la rinchiuda, mettendola comunque a rischio di morire, come succede sovente.

Quello che in realtà bisognerebbe fare è recarsi sul luogo, salvandola e aiutandola, standole vicino. Soprattutto se vi ha avvisato telefonicamente che sta per commettere questo atto estremo.

Quando diciamo che la malattia mentale non esiste, alcuni preferiscono – confermando ciò che abbiamo detto – liquidare anche noi come malati di mente, anziché cercare di capire cosa intendiamo.

Quando diciamo che la malattia mentale non esiste, non stiamo dicendo che non esistono problemi filosofico-esistenziali, non stiamo dicendo che non esistono criminali, persone pericolose, o che non esistano persone con lesioni al cervello (di cui si occupa la neurologia, non la psichiatria, o la psicologia né nessun altro psicoqualsiasicosa), non stiamo dicendo che il cervello non possa ammalarsi, ma che non può “ammalarsi la mente” e che non si possono ridurre tutti questi problemi a mera “follia” o “malattia mentale”. Poiché la malattia, per definizione, è fisica, non può essere “mentale”.

Che cos’è, infatti, la mente?

Come scrive la dottoressa Maria Rosaria D’Oronzo nel libro “Sorvegliato mentale” (Nautilus edizioni), “psico” etimologicamente “è una parola che significa anima, mente, persona. E’ un concetto astratto. Questa è la ragione per cui gli anatomo-patologi non possono trovare le malattie mentali nel corpo o nel cervello quando li sezionano. Non possono trovare lo spirito. Nella fisica, nella chimica, nella biologia siamo interessati solo alle cause, non ai significati.

[…] il dialogo permette di capire il ragionamento. Il mondo di un’altra persona lo si conosce con il dialogo. La comunicazione distrugge il concetto di pazzia. Per sapere i significati di una persona bisogna ragionare insieme”.

Quando parlo della lotta alla psichiatria – soprattutto quella coercitiva – ai miei amici, mi chiedono provocatoriamente “E allora che cosa si dovrebbe fare? Qual è la soluzione?”

E quando provo a dire che, per rispondere alle loro domande, bisognerebbe che io conoscessi la storia di ogni individuo etichettato come matto, alzano le spalle: non la sanno o non vogliono raccontarla, o peggio ancora non vogliono saperla, come se pensassero che non è importante.

Si può supporre che in alcuni casi (spesso), i familiari, osservando comportamenti che per loro sono ritenuti inaccettabili, delegano gli psichiatri, i quali sottopongono il “paziente-prigioniero” al T.S.O. (trattamento sanitario obbligatorio), soprattutto se ritenuto “pericoloso per se stessi e per gli altri”, obbligandolo ad assumere le droghe (ipocritamente definite psico-farmaci) che lederanno al suo cervello e si ammalerà sul serio, nel verso senso della parola.

Si potrebbe dire, giocando con le parole, che la vera “follia” sia proprio questa: credere, come dei superstiziosi creduloni, che la “mente” si curi attraverso il cervello, che è come credere che l’anima si possa curare agendo sul corpo.

Come ogni droga, anche quelle legali – definite psicofarmaci – sono deleterie per il corpo e creano dipendenza.

Gli psichiatri credono (e fanno credere) che le crisi di astinenza dovute alla dismissione siano ricadute (per non parlare di quando credono che la dismissione stessa sia un sintomo della ricaduta), quando in realtà sono semplicemente fasi della dismissione appunto.

In ogni caso, considerando che non per tutti dismettere è facile, sarebbe sempre consigliabile non assumerli, ma allo stesso modo in cui ci opponiamo all’obbligo di assunzione, ci opponiamo anche all’obbligo di dismissione o non assunzione.

Noi li sconsigliamo e chi ne usufruisce volontariamente deve per lo meno essere consapevole che non sta assumendo medicinali o terapie, bensì delle vere e proprie droghe e conoscerne dunque gli effetti (è scorretto aggiungere l’aggettivo “collaterali”). Ciò che però, bisogna combattere ancora di più, fino all’abolizione totale, è la medicalizzazione forzata.

Ogni volta che si parla dell’abolizione del trattamento sanitario obbligatorio, ci rispondono sempre che esistono “persone pericolose per se stesse e per gli altri”, citando la legge 180.

In realtà, la legge che porta, in modo improprio, il nome di Basaglia (legge che lui stesso non condivideva) non prevede più la pericolosità come motivo di T.S.O.

Credere che la pericolosità o la criminalità sia una malattia è una teoria obsoleta appartenente alla “scienza” di Cesare Lombroso.

Tra l’altro, questa teoria ha sempre valso soltanto per l’individuo e mai per le autorità.

Come scrive Giorgio Antonucci Quando Gaetano Bresci, il 29 luglio del 1900, uccise il Re Umberto I vi fu sui giornali e sulle riviste un vivace dibattito sul problema della normalità o anormalità del militante anarchico responsabile del regicidio. Però nessuno mise in discussione le facoltà mentali del generale Bava Beccaris che nel 1898 a Milano aveva sparato coi cannoni sulla folla affamata.

Purtroppo, però, teorie del genere sono rimaste nella mentalità della maggioranza delle persone, ragion per cui, il T.S.O. viene applicato per la pericolosità, benché la legge non lo preveda più da anni.

La legge 180 afferma invece che il T.S.O. deve/può essere applicato a un paziente quando questo rifiuta le cure e si trova in uno stato mentale in cui le capacità di giudizio sono alterate.

Ma siamo sempre punto e da capo: come si fa a stabilire se le capacità di giudizio di un soggetto sono alterate? Secondo chi? Con quali mezzi? Sempre con giudizi arbitrari e soggettivi.

Sono spesso “gli altri”, i familiari, i parenti, che – preoccupati per il soggetto – lo giudicano incapace di intendere e di volere e delegano uno psichiatra, ovvero un falso medico.

L’esempio più comune che mi viene in mente è la persona che soffre di disturbi del comportamento alimentare. Si tratta effettivamente di un problema legato a questioni “psicologiche” ed esistenziali le cui cause vanno esaminate e ricercate.

Come dicevamo, con le persone occorre dialogare, capire di che cosa hanno bisogno.

Libertà? Amore? Amicizia? Tutte e tre queste cose insieme? Altro? Non lo sappiamo: ogni caso è diverso da individuo a individuo, ecco perché occorre dialogare. Quel che sappiamo è che di certo non hanno bisogno di parole dure, rimproveri, droghe (psicofarmaci). Non hanno certo bisogno di essere legate a un letto ed essere alimentate e/o “curate” forzatamente. Quel che è certo è che chiunque di noi che si trovasse a un letto legato, si agiterebbe e tenterebbe di ribellarsi (per gli psichiatri invece avremmo avuto “una crisi” e ci inietterebbero sedativi).

Ancora una volta le paroline magiche sono “mutuo appoggio” e “libertà”. Bisogna fare sacrifici per aiutare – se vogliono essere aiutate –  le persone difficili anziché non delegare “medici”, trattandosi di relazioni umane, nulla a che fare con la medicina. Bisogna stare accanto a queste persone, se lo vogliono. E rispettare anche la loro volontà di non essere aiutate, se non lo vogliono.

Perché è facile, troppo facile, dar loro delle droghe per farle stare zitte e lasciarci dormire.

E le “soluzioni” facili e immediate sono sempre pericolose.

Spesso mortali.

P.S.

Per coloro che ci chiedono “E allora come si fa con le persone pericolose”?

Come abbiamo già detto, non c’entrando la pericolosità con la psichiatria, in una società che dovrebbe essere democratica, è ovviamente preferibile una soluzione democratica: denunce e processi per ascoltare accusa e accusato.

In ambito libertario, invece, la questione è effettivamente più complicata e cercheremo di approfondirla nel prossimo articolo.


Giorgio Antonucci. I pregiudizi e la conoscenza. Critica alla psichiatria (ebook gratuito).

Thomas Szaz, I manipolatori della pazzia (ebook gratuito)

Thomas Szasz – Schizofrenia, il simbolo sacro della psichiatria

Giuseppe Bucalo “Sentire voci” (ebook gratuito)

Giuseppe Bucalo “La malattia mentale non esiste” (in vendita)

Manuale di autodifesa (dal tso e dalla psichiatria) – Giuseppe Bucalo

Paola Minelli e Maria Rosaria D’Oronzo “Sorvegliato mentale” (in vendita)

L’anarchia nel periodo del coronavirus (e la cosiddetta irresponsabilità dei cittadini).

Non si perde occasione per parlare dell’irresponsabilità dei cittadini (o meglio dell’individuo) e giustificare l’esistenza del potere, la necessità delle leggi imposte dalle autorità. Persino sedicenti anarchici, hanno perso la loro “fede” (odio definire l’anarchia una fede, ma passatemi la metafora), confermando che “l’anarchia non è possibile perché la gente è irresponsabile”. Ci si dimentica una cosa fondamentale, cioè che è il contrario: la gente è diventata irresponsabile proprio perché non c’è l’anarchia (ovvero l’autogestione), perché ormai sono millenni che si è stati abituati alla delega, alla gerarchia, a essere trattati dalle autorità come degli eterni bambini, a sentirci dire cosa fare in modo paternalistico. Di conseguenza, se davvero il popolo si comporta come “un bambino capriccioso e irresponsabile” è perché disobbedire alle autorità è nella natura umana (oltre al fatto che talvolta è necessario e legato a bisogni personali e individuali che non conosciamo), anche in chi non si dice anarchico, anzi, correggo, forse ancora di più in chi non si dice anarchico e giustifica il potere. Molto spesso, sono proprio coloro che difendono il potere a gridare “al complotto”, a essere scettici su ciò che il potere ci sta dicendo attraverso i suoi strumenti di comunicazione che possono spesso essere utilizzati come mezzi di controllo e manipolazione. Così, si creano panico e caos, quello stesso caos che si teme esisterebbe con l’anarchia e dunque sia anarchici che statalisti diventano autoritari oppure totalmente irresponsabili. Dall’anarchico che, per giocare a fare il ribelle (proprio ora vi viene in mente di ribellarvi?) se ne frega di tutto e si comporta da irresponsabile all’anarchico che, lamentandosi dell’irresponsabilità dei cittadini, comincia a giustificare la violenza poliziesca e la delazione.

Sia agli anarchici che agli statalisti “complottisti” dico: capisco che, siccome ci riempiono di menzogne, si sospetti di un complotto, di tecniche di manipolazioni, ma in questo modo staremmo facendo il gioco del potere, sia nel caso che sia tutto un complotto, sia nel caso sia tutto vero.

Agli statalisti, diciamo proprio questo: sentirsi dire cosa fare e poi prendersela con chi ce lo dice, è comodo, ed è proprio questo che noi anarchici non vogliamo. Senza il potere, non ci sarebbe complotto né sospetti di complotto e dunque più responsabilità.

Chissà che, senza il sistema, senza la distruzione della Natura, senza il capitalismo, senza la scienza in mano ai pochi privilegiati, forse virus ed epidemie, non sarebbero mai nati e se anche fossero nati, praticando il mutuo appoggio, l’autogestione e non la delega alle autorità, la responsabilità sarebbe stata inevitabile e necessaria, naturale, spontanea.

Ancora una volta, se ci riflettiamo, è il sistema, sempre il sistema a creare i problemi e poi a cercare di rimediare ai danni che ha fatto.

Agli statalisti, diciamo inoltre che è proprio in questo momento che dovremmo renderci conto che sarebbe essenziale l’anarchia: ci dicono di non uscire, ma intanto, a causa del ricatto economico, dobbiamo uscire (guarda caso) per andare al lavoro, alle poste, in banca, a fare la spesa. Dipendendo dal ricatto economico, il sistema ci impedisce di essere autosufficienti.

Proprio ora bisognerebbe capire che l’unica strada è l’autogestione.

L’anarchico Caudino

Come si risolverebbero determinati problemi in un mondo anarchico?

L’anarchia non è un pensiero unico, non potete chiedere a UN anarchico come si risolverebbe questo o quell’altro problema, sopratutto perché spesso sono problemi che il Sistema non ha mai risolto, ma soltanto represso, nascosto, rappezzato, peggiorato, o creato. Se chiedete soltanto per ridicolizzare l’anarchia e confermare le “vostre” convinzioni da statalisti, allora non fate domande e continuate per la vostra strada. Se invece chiedete perché siete interessati e avete dubbi (come li ha giustamente chiunque), allora partecipate a discussioni con gli anarchici, e vi sorprenderà quanti diversi pensieri vi sono anche in contrasto tra loro, poiché è con il confronto che si può arrivare a una conclusione su come risolvere determinati problemi e come agire di fronte ad essi. C’è ad esempio, chi vuole ancora la collettivizzazione della tecnologia e del lavoro. Chi non crede nell’anarchia, pensa che tutto ciò non sarebbe possibile, perché nessuno farebbe niente senza retribuzione o che è impossibile perché l’essere umano sarebbe “avaro per natura”. Gli anarchici invece sanno che il mutuo appoggio, ovvero la tendenza ad aiutare esiste nella natura umana e che il sistema ostacola e distrugge.

Qualcun altro come i primitivisti, spiegano che la tecnologia non serve, perché la libertà è molto più importante. E che un ospedale, ad esempio, non dovrebbe proprio esistere, dal momento che nasce dal fatto che viviamo e mangiamo nel modo sbagliato, con prodotti industriali, intensivi, chimici, cancerogeni, assumendo droghe e alcolici proprio perché non siamo liberi. Anche qui c’è chi invece pensa alla collettivizzazione di tutti i servizi, ospedale compreso (e per le ferite accidentali ritrovare la capacità di curarsi da soli e con l’aiuto degli altri). C’è chi pensa all’abolizione del lavoro e dei soldi (in sostituzione del mutuo appoggio) e chi pensa soltanto ad abolire il lavoro salariato, proponendo come soluzione al massimo tre ore al giorno di lavoro. Chi invece, propone la produzione soltanto quando è necessaria. E in ogni caso ovviamente, si lavorerebbe per noi stessi e per la comunità, non di certo per arricchire i padroni che devono solo accumulare “beni” materiali di cui nessuno di noi, né loro, ha bisogno davvero.

C’è chi crede che la “civiltà” sia semplicemente l’evoluzione dell’essere umano e chi – come gli anarco-primitivisti e gli individualisti primordiali – pensa che sia invece un accidente; chi crede che possa esistere una qualche “economia etica” e chi crede che questo sia un ossimoro. Chi crede che la tecnologia sia una “naturale” evoluzione dell’essere umano, e chi invece pensa sia soltanto la distruzione della natura – anche se oggi siamo quasi tutti condizionati a utilizzarla- nata da “esigenze” economiche del capitalismo.

Come si può evincere dal Manifesto del Movimento Anarchico Caudino, chi scrive su questo blog si sente molto vicino alle idee del primitivismo, detto anche movimento anticivilizzazione.

In ogni caso, bisogna leggere le varie teorie degli anarchici del passato e del presente, confrontandosi con gli altri compagni. Noi non abbiamo e non vogliamo ricette pronte, non crediamo nelle soluzioni immediate e definitive come credono e fanno credere i politici, ma sappiamo che occorre discutere insieme ogni volta che c’è un problema.

Riproponiamo la lista dei libri da leggere per comprendere l’anarchia:

Questi, i più semplici per iniziare a comprenderne il pensiero: clicca qui

Su quest’altro link, invece, c’è una lista più ricca di libri se si vuole approfondire la teoria anarchica. Vi sono inoltre, dei testi sull’antipsichiatria, che oggi è compresa nelle lotte anarchiche.

Tra i prossimi articoli, ne pubblicheremo uno in cui cercheremo di dimostrare perché l’abolizione del denaro (e di ogni forma di economia) non solo non è un’utopia, ma assolutamente necessaria.

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Riflessione sulla denuncia per diffamazione

Qualche anno fa ricevetti una notifica dai carabinieri che mi comunicarono di essere indagato per diffamazione tramite mezzo stampa. Non si sa ancora da parte di chi fosse la denuncia né perché. So solo che in un periodo ci furono molti scrittori denunciati per diffamazione da parte di case editrici e associazioni imbroglione che chiedevano soldi. Ovviamente la legge non aiuta, poiché le ingiustizie legalizzate non si possono combattere con la legge. Così si confondono giustizia e legalità. E così bisognerebbe invece cominciare a capire la differenza tra le due cose. Gli ingiusti che hanno il potere si possono difendere con la legge. Ma chi si difende in questo modo è un vigliacco che non sa affrontare le cose da solo, guardandoti negli occhi o magari rispondendoti per le rime. Qualcuno scrive qualcosa che non ti piace? Scrivi anche tu articolo per contestarlo, non importa se non sei un giornalista o non sei uno scrittore: tutti devono avere la libertà di esprimersi. Oppure parlagli di persona, se puoi, con un atteggiamento pacifico e discutici. Come diceva il filosofo Max Stirner, “si è molto deboli, se si deve chiedere aiuto all’autorità”. Del resto, può capitare persino che delle categorie che vengono criticate, – benché non si facciano né nomi di individui né nomi di associazioni – denuncino l’individuo che le critica. E allora se io dico – come penso – che la denuncia per diffamazione è da vigliacchi, che cosa succederà? Tutti coloro che hanno fatto almeno una denuncia per diffamazione, si sentiranno chiamati in causa e mi denunceranno per diffamazione?

Oltre ad essere un grave impedimento alla libertà di espressione, è un modo per continuare a colmare le distanze, delegando i problemi tra individui alle istituzioni. Banalmente, si potrebbe dire che chi denuncia per diffamazione è un bambino piagnucolone che, non essendo cresciuto e non sapendo cavarsela da solo, si rivolge a mamma e papà per farsi difendere.

TANTO PER INIZIARE: Programma del Movimento Anarchico Caudino

Astensionismo come segnale del rifiuto della delega e per un’autogestione.

Volantinaggi di sensibilizzazione per il nostro pensiero, le nostre idee e le nostre iniziative di lotte sociali.

Difesa dell’ambiente. Difesa degli animali.

Battaglie contro il sessismo, contro il razzismo e contro l’omofobia, contro il bullismo e ogni tipo di discriminazione e violenza. Non solo iniziative di sensibilizzazione, ma azione diretta e aiuto reciproco. 

Tutela dalla psichiatria e dai suoi abusi, lotta al TSO. La psichiatria sarà sostituita dal mutuo appoggio (aiuto reciproco).

Autogestione, autoproduzione e scambi per l’abolizione della schiavitù del lavoro salariato.

Cene sociali autogestite.

Assemblee per scambi di opinioni e confronti, proposte per le iniziative (Non avendo una sede, per il momento, gli incontri avverranno nelle abitazioni dei privati che vorranno ospitarci e aderire al movimento).

I compagni sono liberi di rifiutare ogni proposta e di proporre alternativa, in nome della libertà individuale.

Il Movimento Anarchico Caudino cerca collaborazioni di tutti i caudini e di tutti gli anarchici e le associazioni che vorranno supportarci, di tutti coloro che sono stanchi di essere presi in giro dai politici e dallo Stato.

Ovviamente si cerca anche l’importantissimo appoggio degli artisti e degli intellettuali per iniziative culturali e/o artistiche e convegni.

NON VOTARE MAI PIU’. D’ORA IN POI PENSA CON LA TUA TESTA. PER UN MONDO RESPONSABILE, LIBERO, GIUSTO E AUTOGESTITO.

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MOVIMENTO ANARCHICO CAUDINO